Il vento arrivò all’improvviso da ovest, foriero di tempesta. Il cielo terso cambiò presto umore
lasciando spazio a torreggianti cumulo nembi che si ammassarono minacciosi all’orizzonte
come un armata prima della battaglia. Il vecchio guardò i gabbiani sfilare sotto le nuvole scure
e puntare verso la terraferma. Gocce di pioggia gelida miste a grandine presero a flagellare
il ponte di legno della vecchia goletta. A dispetto degli anni Jules salì con agilità sul
castello di prua dell’Etienne reggendosi sulla scotta della grande vela aurica. Non sembrava
preoccupato mentre guardava verso il largo, una vita passata in mare ti prepara sempre al
peggio. Aveva alle spalle quarant’anni di esperienza nella marina militare francese ed alle
tempeste era preparato. Attorno agli occhi profonde rughe striate gli davano la tipica
espressione da vecchio lupo di mare, regalo di una vita trascorsa strizzando lo sguardo al
riverbero del sole. Molti anni prima, quando era un giovane guardiamarina, una brutta frattura
lo relegò per sei mesi dietro una scrivania ad impilare scartoffie ma quando riprese il
servizio, il mare divenne per sempre il suo ufficio. Sacrificò così la carriera al comando
operativo, cosa di cui non ebbe mai a pentirsi. Quegli anni intensi passati tra gli oceani gli
resero estranea la terraferma e così, una volta in pensione, si comprò quella vecchia goletta
che per anni aveva visto ormeggiata dondolarsi mestamente ogni volta che tornava alla base di
Brest. Prese così le sue quattro cose trasferendosi sull’ Etienne. Dopo mesi di lento ed
amorevole restauro la barca fu pronta a riprendere il mare. Era sempre stato un tipo solitario e
senza far troppo rumore, a sessantanni con quella barca fece il giro del mondo. Non ci si
vedeva proprio a rintanarsi in qualche posto da vecchi spegnendosi lentamente, se doveva fare il
grande salto sarebbe accaduto in mare. Una folata improvvisa gli scompigliò i folti capelli
completamente bianchi, il mal tempo ormai era arrivato. Pensò a quello che si diceva nelle
bettole del porto vecchio, il mare della baia non era più quello di una volta. Negli ultimi tempi
le avvisaglie della burrasca duravano poco, eppure quella zona del mediterraneo non era certo
Capo Horn. Il faro dell’isola d’If era ancora troppo lontano, per dirsi veramente al sicuro
doveva lasciarselo alle spalle ed infilare subito il canale del porto. Soppesò il da farsi, doveva
sfuggire in fretta alla tempesta, si decise per sciogliere anche la vela a prua per guadagnare
qualche nodo. Agì rapidamente con gesti esperti, quando sei da solo in barca devi fare in fretta.
La tela grezza, di un colore rosso acceso salì velocemente lungo l’albero sbocciando in un
istante tendendosi al vento. Le nuvole si erano abbassate pronte a squarciarsi e il cielo ormai
era completamente oscurato. Si mise al timone, serrò le mani attorno alla grande ruota per
stringere al vento, l’Etienne con le vele spiegate si inclinò di venti gradi a dritta, unica
macchia rossa nel blu profondo della baia. Due baffi di spuma bianca si aprirono ai lati della
prua mentre fendeva decisa le onde, la corsa era cominciata. In quei momenti Jules
diventava una cosa sola con il mare, assecondava lo scarrocciamento con precise manovre,
strappando anche il più flebile aiuto da vele e timone. Guardò l’indicatore di velocità, un
sorriso di soddisfazione si allargò sul suo volto, aveva raggiunto una buona andatura. Con quel
vento in mezz’ora sarebbe arrivato tra gli isolotti dell’isle de Frioul, se il tempo fosse
peggiorato avrebbe gettato l’ancora in qualche insenatura riparata. Preso dalle manovre si trovò
a pensare ad Amèlie, la donna che molti anni prima aveva incrociato la sua vita segnandola
per sempre e che dopo tutto quel tempo aveva per caso rivisto al molo proprio quella mattina
prima di prendere il mare… Si erano conosciuti a metà degli anni settanta, lui sulla soglia dei
quaranta lei poco più che ventenne. Fu un incontro intenso ed appassionato ma le loro strade
si erano presto divise, la vita che poteva offrirle sarebbe stata di lunghe attese e mesi di
lontananza, per cui per timore non si fece mai avanti e serbò quella domanda per sempre nel
suo cuore. Amèlie era come una cometa, potevi solo guardarla e ammirare la straordinaria
bellezza durante il suo veloce passaggio. Ci aveva pensato mille volte ma sapeva che gli amori
a distanza non funzionavano, e poi l’età… Tutto ciò gli aveva lasciato solo una struggente
immagine di ciò che avrebbe potuto essere vivere con lei, e ora, visto che ormai era in là con
gli anni questo bastava a scaldargli il cuore. Aveva saputo poco di Amèlie, lesse da qualche
parte che si era sposata con un facoltoso avvocato londinese, poi quel fugace incontro di
quella mattina allo yacht club… Jules si era fatto un nome nei circoli nautici della zona e
provava volentieri le nuove barche comprate dai facoltosi clienti che lo ingaggiavano per
avere consigli e pareri. Per il suo prestigio, il presidente del circolo nautico gli aveva concesso
un ormeggio a vita per la sua Etienne in mezzo a decine di imbarcazioni a vela da diversi
milioni di euro. I consigli che sapeva dispensare con particolare cura e competenza gli
permettevano di arrotondare la pensione, qualche soldo in più gli faceva comodo, progettava
un altro giro attorno al mondo anche se non aveva ancora deciso in quale parte.Quella mattina
si preparava di buon ora a lasciare gli ormeggi. Intento a sganciare i parabordi non si era
accorto dell’esile figura apparsa sull’ imbarcadero. Lei indossava un paio di pantaloni bianchi,
una maglietta color acqua marina e scarpe basse, alle sue spalle il sole cominciava ad alzarsi e
la baia luccicava di mille riflessi. Amèlie l’aveva riconosciuto subito e si avvicinò sorridendo.
Quando Jules la vide fu un tuffo al cuore, imbarazzato si passò una mano sulla faccia poco
rasata. Si salutarono come vecchi amici, e fu sorpreso dalla naturalezza di quell’incontro.
Averla rivista dopo tutto quel tempo scatenò dentro di lui un tumulto di emozioni. Cercò di
assaporare tutti i momenti guardandola intensamente, come a dissetarsi dopo una lunga
traversata. Era ancora così bella, in fondo doveva essere vicina ai sessanta ma si sa, le parigine
invecchiano bene e quel suo lieve strabismo di Venere la faceva sembrare più giovane. Mentre
chiacchieravano lei gli aveva preso le mani con naturalezza, Jules sentiva quel contatto ancora
adesso, lieve e caldo. Amèlie osservò attentamente la barca accarezzando il legno lucido, “ E’
la tua ? finalmente una barca vera, come del resto tu Jules ”. Avrebbe voluto dirle molte più
cose, lei sembrava così vicina ai suoi pensieri ma poi, quell’attimo, com’era venuto se ne andò.
Si ripromisero di prendere un caffè assieme la prossima volta, visto che lei capitava spesso a
Marsiglia per lavoro.
Un raggio di sole lacerò la coltre di nubi. All’orizzonte, la sottile linea di fusione tra il cielo e
il mare cominciò a muoversi. Il suo sesto senso lo fece voltare di scatto, Jules chiuse in fretta il
cassetto dei ricordi. Prese i binocoli, un espressione di incredulità alterò il suo volto
solitamente imperturbabile. L’onda alta almeno sei metri avanzava maestosa e inesorabile.
Onde così le aveva viste solo in pieno oceano. Era una visione incredibile, non poteva
vedere la seconda ancora più grande seguirla a circa un miglio di distanza. Rimase poco a
pensarci sù, si infilò in fretta il giubbotto salvagente e si preparò a riceverla. Buttò
sottocoperta tutto ciò che poteva cadere fuori bordo, chiuse il boccaporto e bloccò le
maniglie con del cordame. Chiedere aiuto via radio era inutile, l’onda sarebbe arrivata molto
prima, doveva affrontarla e basta. La goletta si innervosì quando sentì il piede dell’onda e deviò
dalla rotta. Non poteva farci niente, adesso doveva pensare a tirar giù le vele. Fece solo in
tempo ad ammainare la randa, in meno di un minuto gli fu addosso, anticipata dal crepitio
del gigantesco muro d’acqua. Si scagliò con violenza inaudita sulla barca rovesciandosi con
fragore sul ponte. Jules si portò a fatica verso il timone, tenendosi faticosamente al cavo di
sicurezza. Incespicò più volte, camminò carponi, i secondi sembrarono interminabili ma
finalmente riuscì a raggiungere il pozzetto di poppa. Corresse deciso l’assetto, mentre i flutti
cercavano di ribaltare la barca. L’ Etienne si inclinò paurosamente e lo scafo si immerse per
un terzo nel mare, lottò come un cavallo imbizzarrito ma riuscì a scrollarsi quella valanga
d’acqua rialzando cocciuta la prua, pronta a resistere. Fu un colpo poderoso e in quella lotta
impari l’uomo e la sua barca ebbero la peggio. La forza devastante del mare aveva spezzato
l’albero. La vela strappata era rimasta attaccata solo alla drizza e sbatteva con secchi
schiocchi come una fiamma al vento. Era necessario liberarla, in quel modo agiva come un
ancora e impediva alla barca di manovrare liberamente. Doveva mettere la prua al vento,
rimanere così sbandato era molto rischioso. Cercò di sganciarla ma era ostacolato dalle
raffiche. Con uno sforzo disperato aprì il moschettone rimasto attaccato all’albero, l’occhiello
d’acciaio della vela lo colpì al volto provocandogli un profondo taglio ma era riuscito a
sbloccarla e in un attimo il vento la trascinò lontano perdendola tra i flutti. Dopo quella
sfuriata il mare si placò e una calma apparente calò all’improvviso. Si accorse di aver perso
qualsiasi riferimento, nebbia e nuvole basse avevano avvolto la zona. Prese fiato, cercando di
fare una stima dei danni. In lontananza il rombo di un tuono aumentò d’intensità con un
crescendo innaturale ma non ci fece caso frastornato com’era dalla bordata appena ricevuta.
Ridusse a pezzi con l’accetta il moncherino dell’albero che si era messo di traverso tenendo
sbandata l’Etienne. Lo mise per la lunga e sgomberò il ponte. Era arrivato il momento di
avvisare la capitaneria. Il pannello radio era sottocoperta, aveva appena aperto il boccaporto per
scendere quando il rumore si ingigantì di colpo come un crescendo d’orchestra. Gocce d’acqua
salata lo colpirono con violenza sulla faccia spinte dal poderoso pistone della seconda onda
che dissolse la nebbia irrompendo sulla scena ad una velocità devastante. Quella parete
d’acqua verde, fredda come l’occhio di uno squalo, a meno di cento metri da lui, gli gelò il
sangue. Superava la prima di almeno un terzo, era così alta che onde più piccole e lente
correvano sulla sua cresta come fedeli remore, increspandosi in rivoli di spuma bianca prima
di rovesciarsi sul dorso. Per sua fortuna non fu aggressiva quanto la prima. Sembrò un manto
di velluto blu quando si alzò in una maestosa progressione per un fronte largo un paio di
chilometri. Sollevò la barca come un mostro che emerge dagli abissi. L’Etienne salì verso la
ripida cresta con un angolo assurdo e avrebbe dovuto già ribaltarsi. Jules era come in trance
affascinato da quella dimostrazione di forza, poteva vedere le nervature iridescenti dell’acqua
all’interno del gigantesco tunnel creato dall’onda, una manciata di metri più a dritta e sarebbe
stata la fine. La goletta rimase sospesa un interminabile istante sulla cresta prima di precipitare
pesantemente nell’incavo con un tonfo sordo che sembrò squassare lo scafo. L’onda passò,
proseguì la sua corsa inarrestabile verso riva lasciando sbatacchiare la barca come un
guscio di noce. Pensò alla devastazione che in pochi minuti avrebbe portato nei porticcioli
disseminati lungo la baia. Si domandò se lui stesso avrebbe trovato ancora un porto. Ce la
faremo anche stavolta disse tra sé, diede una pacca al timone, come per saggiare la robustezza
dell’imbarcazione. L’ Etienne era in acqua dagli anni trenta, gemeva e scricchiolava, ma
assieme ne avevano affrontate di situazioni difficili. Probabilmente una volta all’attracco
qualcuno gli avrebbe detto male parole per essere uscito ancora da solo. Non aveva più l’età
dicevano, prima o poi getteremo nella baia una corona di fiori. Che ne sapevano loro del mare.
Brontolò in silenzio, asciugandosi il rivolo di sangue che gli colava copioso dal mento, guardò
in sù, verso il cielo, forse a cercare l’attenzione di Dio. Il vento sibilava rabbioso tra le
sartie, anche i gabbiani erano scomparsi, quella sarebbe stata una burrasca da ricordare. A
questo pensava, mentre navigava verso il porto. In un lancio di dadi, cielo e mare rimasero a
contendersi quel puntino solitario decidendo il suo destino.
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